SALVIAMO L’ART.18 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI

art 18 FB

Senza l’art. 18 una media di 23.000 licenziati all’anno in assenza di giustificato motivo: non è una stima, è quanto è avvenuto tra il 1947 e il 1970.

La Commissione Lavoro della Camera dei Deputati inizia il 18 ottobre l’esame del testo del Disegno di legge delega sul Lavoro (Jobs Act) approvato dal Senato con il voto di fiducia. Un testo che delega il Governo a modificare con decreti legislativi varie normative in materia di diritto del lavoro, a partire dai licenziamenti.

Ma, in contrasto con le normative costituzionali e le procedure parlamentari, il testo approvato al Senato non indica,  non definisce con precisione le linee guida dei decreti legislativi da emanare. Tra l’altro, non richiama nemmeno l’Art.18 dello Statuto dei Lavoratori che il Governo intende cambiare, cancellando l’obbligo del reimpiego dei lavoratori licenziati in modo ingiustificato e arbitrario.

Non si può dimenticare che prima del cambiamento delle normative sui licenziamenti (At nutum) e dell’approvazione dell’Art.18 dello Statuto, negli anni dal 1947 al 1967-70 i licenziamenti ingiustificati e per rappresaglia politico sindacale furono 520.000 (un’ampia e puntuale documentazione si trova nel libro “ La Costituzione negata nelle fabbriche “ di Luigi Arbizzani , Bacchilega editore 2012).

È allora necessaria una mobilitazione straordinaria da parte di ognuno di noi,  sia dei lavoratori che dei cittadini democratici, nei confronti dei Deputati,  perchè alla Camera essi modifichino il testo approvato dal Senato; e si contribuisca, nel contempo, nelle fabbriche, nei quartieri, sul territorio, ad organizzare la mobilitazione e la partecipazione,  sabato 25 Ottobre, alla manifestazione nazionale che si terrà a Roma in piazza San Giovanni in difesa del lavoro e dei diritti dei lavoratori di tutte le tipologie di lavoro.

Come il 12 Ottobre sottolineava su Repubblica Eugenio Scalfari dobbiamo “ Salvare l’Art. 18 della legge 300/70- lo Statuto dei diritti dei Lavoratori”. Scalfari sottolinea, tra l’altro, “ le modifiche dell’Art.18 a quanto lo stesso Ministro del Lavoro ha dichiarato e Zanda ha confermato e Renzi a sulla volta più volte indicato, saranno contenute in uno dei Decreti attuativi della Legge Delega. I Decreti attuativi vengono discussi dal Governo previo parere di un comitato parlamentare appositamente eletto dalle commissioni competenti. Ma il comitato si limita ad emettere un parere non vincolante dopodichè i decreti vengono emessi e diventano immediatamente esecutivi, non passano più attraverso le Camere. Conclusione: l’Art.18 sarà abolito per Decreto non soggetto al visto (voto) del Parlamento “….

Al contrario, l’Art.18 dello Statuto dei Lavoratori va salvato, modificando il testo approvato dal Senato. Come sottolineava Scalfari, in quel testo non si parla dell’Art. 18 ma – se non viene cambiato – consentirà al Governo di intervenire con un Decreto legislativo senza nemmeno sottoporre la modifica al confronto e al voto del Parlamento.

Le norme che vietano i licenziamenti per rappresaglia politico sindacale o in modo ingiustificato e prevedono il reintegro del lavoratore licenziato arbitrariamente e senza giustificato motivo vanno   semmai estese a chi oggi ne è escluso. Perché ciò sia possibile a maggior ragione nel testo uscito dal Senato vanno inserite precise indicazioni – oltre che per la salvaguardia dell’Art. 18 – per l’introduzione di norme che assicurino parità di diritti e di tutele (ammortizzatori sociali, retribuzioni, ecc.) a tutti i lavoratori, riducendo le tipologie di rapporti di lavoro (contratti) dalle attuali 46-50 varianti a 4 o 5 al massimo.

Un recente studio, reso pubblico in questi giorni, indica come gli avviamenti al lavoro nel semestre del 2014 sono stati 2.651.649 con rapporti di lavoro dipendente e parasubordinato. Di questi solo 403.036 a tempo indeterminato, cioè appena il 15%, mentre l’85% degli avviamenti sono stati realizzati con contratti temporanei; di questi, 956.000  – cioè il 40% – è durato al massimo un mese e  403.760 ( il 16,6%)  un solo giorno!

Uscire dalla crisi, per chi la vive sulla propria pelle come per l’economia del Paese, significa anche passare dal lavoro precario e irregolare a rapporti di lavoro stabili, a tempo indeterminato, ponendo fine nel contempo al lavoro nero.

Ecco perché, come dicevo, è necessaria la mobilitazione di tutti i mondi del lavoro, delle varie strutture, nelle fabbriche e sui territori. Ecco perché si deve organizzare una grande partecipazione alla Manifestazione nazionale del 25 Ottobre a Roma. Fra gli obiettivi, oltre alle modifiche al Jobs Act approvato dal Senato, l’adozione di misure economiche e produttive per uscire dalla crisi economica, la ripresa dell’occupazione, la parità di diritti e tutele per tutti i diversificati mondi del lavoro.

Milano 14 Ottobre 2014

Antonio Pizzinato