Confronto serio o sciopero generale

palco25ottobre

UN MILIONE: IL “POPOLO DEL LAVORO” IN PIAZZA SAN GIOVANNI CON LA CGIL

Tutti i mezzi di informazione si sono largamente occupati della manifestazione svoltasi a Roma  sabato 25 ottobre a Piazza San Giovanni: un milione di partecipanti confluiti nei tre cortei partiti da Piazza della Repubblica, Piazza dei Partigiani e dall’Università. Decine e decine di migliaia di persone non sono nemmeno riuscite ad entrare nella Piazza San Giovanni. Una massa variegata, composta di lavoratori in lotta in difesa del posto di lavoro, di giovani precari, braccianti, disoccupati, studenti, pensionati, dipendenti pubblici, e altri ancora.

Mentre  percorrevo  il corteo dove mi trovavo, quello partito dalla Stazione Termini, riflettevo sulle precedenti manifestazioni  a cui ho partecipato in tanti anni, alla ricerca di qualcosa di paragonabile. In particolare la mia mente è andata a quella del novembre del 1962 – in Piazza del Popolo – per il contratto  dei metalmeccanici e a quella del 23 marzo 2002 al Circo Massimo, in difesa dell’articolo 18.

Ho provato momenti di grande emozione incontrando i compagni di tante lotte: dagli ex Segretari Generali Cofferati ed Epifani, agli ex componenti della segreteria CGIL e Segretari  delle varie categorie, ma soprattutto ho notato una grande differenza rispetto alle precedenti manifestazioni: proprio quella pluralità  dei partecipanti cui accennavo all’inizio, dall’industria al terziario e ai servizi, al mondo della ricerca, della scuola e da tutti i territori, tutte le parti d’Italia.

Un “popolo del lavoro” che esprime rabbia, malessere per la crisi economica,la disoccupazione le condizioni di vita, di occupazione, che non comprende e non subisce l’attacco ai diritti del lavoro.

Ma nel contempo coglievo la  serenità e la determinazione, vorrei quasi dire l’ottimismo, la consapevolezza che esserci era già una fondamenta del cambiamento: “Non possono non vedere, non possono non ascoltare”. Un elemento che sarà prezioso nella lotta che va sviluppata costruendo contemporaneamente percorsi unitari nei luoghi di lavoro, sui territori nonchè su scala nazionale con scioperi e manifestazioni sino allo sciopero generale.

Con questa manifestazione la CGIL ha dimostrato di esercitare pienamente il ruolo di rappresentanza generale e autonoma dei diversi mondi del lavoro, quale  soggetto sociale, come è indicato anche nella Costituzione.[1]

Le richieste erano concrete, nel merito, al di fuori di ogni retorica o presunta “battaglia di slogan”: misure concrete per uscire dalla crisi, creare occupazione, assicurare lavoro e futuro alle nuove generazioni, approvare una legge sulle regole della  rappresentanza e la contrattazione, ridurre le tipologie dei rapporti di lavoro dalle attuali 46 a 4/5 contratti; riformare e rendere generali le varie forme di ammortizzatori sociali e di sostegno al reddito; non abolire ma estendere  – alle varie forme di lavoro – le norme a tutela dai licenziamenti e il reintegro al lavoro per i licenziati arbitrariamente o per rappresaglia, quindi la salvaguardia dell’Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

VERSO LO SCIOPERO GENERALE UNITARIO SE IL GOVERNO NON MODIFICA IL “JOBS ACT”

Ecco perché vanno modificate le norme della legge delega sul lavoro (il Jobs Act) -approvato con “voto di fiducia” al Senato, ed ora all’esame della Camera dei deputati.

Il testo di questa proposta di legge e la procedura per l’approvazione (delega al Governo) è anticostituzionale, viola gli articoli 75 e 76 della Costituzione[2] che, fra l’altro, fissano il principio che “…. non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi …..” . Quei principi e criteri direttivi, appunto, che mancano nel” Job Act”, tant’è che l’Articolo 18 non è nemmeno  indicato.

Contrariamente a quanto si legge su molti giornali e si afferma in vari interventi e discorsi, la manifestazione della  CGIL  è l’espressione di un soggetto sociale contrattuale universale, che si confronta e contratta unitariamente con le Organizzazioni Imprenditoriali, con le Istituzioni a partire dal Governo.

Come sottolineava Di Vittorio la Confederazione – la CGIL –  è una forza sociale che si batte per cambiare l’Italia, si confronta con tutti i soggetti (Istituzioni, forze politiche, sociali) ma opera in piena autonomia da Governi, Istituzioni, Partiti, ed è indipendente dalle imprese, dai datori di lavoro, da ogni genere di cartello di potere.

Come sottolineato nelle testimonianze dal Palco della Manifestazione – dai giovani come dai più anziani, dai rappresentanti dei  vari mondi del lavoro e località d’Italia – e nell’intervento di Susanna Camusso, adesso si  apre una nuova fase di mobilitazione e di lotta, affinchè  la Camera dei deputati modifichi il testo approvato dal Senato, e introduca nella Legge delega e con nuovi provvedimenti  le richieste presentate dai sindacati, sopra  riportate.

Il Governo Renzi, i suoi Ministri si confrontino con le Confederazioni CGIL,CISL,UIL, ricerchino le soluzioni attraverso misure concordate con i soggetti sociali. L’incontro di lunedì 27, che Susanna Camusso ha definito “surreale”, non ha per certi versi precedenti, che io ricordi, dal 1945 ad oggi. Il confronto con le parti sociali è un elemento essenziale della nostra democrazia. Può essere franco, anche aspro, ma non può essere eluso senza determinare nei fatti – che ci sia o meno consapevolezza di ciò – una svolta di tipo autoritario.

È del tutto evidente, a questo punto, che una nuova fase di lotta per cambiare e rendere l’Italia più giusta e socialmente equa, deve poter contare su un ritrovato impegno unitario da parte delle Confederazioni CGIL-CISL-UIL. Questo è emerso con forza dalla pluralità dei mondi del lavoro presenti in piazza San Giovanni. Va dunque sviluppata la lotta e se il Governo non accoglierà le richieste modicando il Job Act e la legge di stabilità, sarà necessario, in modo unitario, preparare e organizzare lo sciopero generale!

 Antonio Pizzinato, 28 ottobre 2014

[1]Art. 39.

L’organizzazione sindacale è libera.

Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.

È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.

I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

[2] Art. 76.

L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

Art. 77.

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.

Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.